PROLOGO
Erano passati tanti anni. Troppi.
Una vita intera mi separava da quell’urlo, ma di tanto in tanto lo sentivo ancora risuonare nelle orecchie. Mi sono soffermata spesso a pensare a quei due suoni che si sovrapponevano fino a diventare uno e al loro profondo significato. La vita gridava tutta la sua gioia per aver sconfitto le tenebre e la morte vomitava fuori il proprio trionfo: un’altra tacca sulla pistola.
Mia madre moriva proprio nel momento in cui era riuscita a realizzare il sogno della vita di mio padre: mettere al mondo mio fratello Beniamino.
Chi va e chi viene. Niente di più semplice. Niente di più ineluttabile e crudele.
Sarà l’avvicinarsi del capolinea che mi rende incline ai ricordi e alla melanconia. Anche la tristezza è diventata assidua frequentatrice del mio cuore, ma il rimorso no. Quello sono sempre riuscita a tenerlo fuori dalla porta.
Nulla di ciò che avevo immaginato nei miei sogni di bambina si era realizzato. Molto di ciò che non avevo mai neanche pensato, avevo invece fatto e ripetuto caparbiamente.
Ma non lo avevo voluto io. Gli eventi si sono presi gioco di me, mi hanno superato e sopraffatto.
In fondo sono una sconfitta. Ho lottato con tutte le mie forze, invano.
Non ho colpa. Ecco. Questo pensiero è l’unica molla grazie alla quale mi alzo ogni mattina, è il lumicino che mi tiene in vita.
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