scrigno

leggere nuoce gravemente all'ignoranza

saggi

"Danilo Dolci, oggi" di Fabrizio Chiesura

Intorno a Danilo Dolci e al suo siciliano “Borgo di Dio” (alias “Centro di formazione per la pianificazione organica”) si sono spesi fiumi di inchiostro: nel bene e nel male. Qui si vuole ricordare, anche se di sfuggita, il Premio Lenin per la Pace del 1956 e fare memoria del più importante angolo di mondo in Italia, luogo della pratica nonviolenta per trent'anni circa.
E allora come non risalire a quel giovane vittima della droga, di passaggio al “Borgo” nel 1979 e subito cacciato da Danilo? Allontanandosi, il nostro lanciò un grido che era un palese riconoscimento di tutta l'opera nonviolenta di Danilo: “Voi siete uomini di pace!”, sentenziò il ragazzo.
Io, a quel tempo, dirigevo il “Borgo di Dio”, beffardamente chiamato così dai siculi che volevano essere riconosciuti e dunque subito così battezzato perché lo strapotere del padrone li annichiliva.
Si trattava di “legittima difesa” o di un malcontento con basi profonde? Per capire, consiglio di leggersi il “Poema umano” di Danilo Dolci uscito presso Einaudi. E' un canto della nonviolenza in versi, con il dito puntato contro tutti i signori della guerra. Ricordo anche che, a quel tempo, nasceva a Partinico, poco lontano da Trappeto (ove era situato il “Borgo”) e poco distante da Palermo, “Radio Città Terrestre”. E il messaggio era: oggi non si può più essere e vegetare da provinciali, pena la scomparsa delle pur buone intenzioni.
Ma ancora mi piace dare la parola a Aldou Huxely: “Danilo Dolci – scriveva Huxely – è di quei moderni francescani muniti di laurea”. Dolci, aggiungiamo noi, non si laureò mai in architettura, ma in lui “vi è un alone di cultura scientifica generale” (sempre Huxely). Lasciamo la parola, la più significante proprio a Danilo Dolci: “Ho iniziato a scrivere in versi, giovanetto ripieno di avide letture... In un momento di saggezza, verso i venticinque anni, ho bruciato tutto, millecinquecento versi, allora li contavo”.
Già, perché “Poema umano” mostra in filigrana il diario di un programma esistenziale. Ed è una poesia civile di atavica grazia e di verità moderna, scandita con la coscienza che nella vita ciascuno è – può, deve essere – ostia agli altri. Mangiare è un dramma: cosmico. Danilo accettava di mangiare per poter farsi mangiare.

Pillole di Storia: Oliviero Cromwell di Dino Licci

di Dino Licci
Dei matrimoni di Enrico VIII Tudor vi ho già parlato (vedi qui) mettendo in evidenza come le vicende personali di un singolo potente, possano influenzare la vita di un’intera nazione, di un continente, ed in questo caso, dell’intero globo terrestre. Ora cercherò, in questa paginetta, di giustificare appieno questo mio convincimento:dal suo primo matrimonio con Caterina d’Aragona, Enrico ebbe una figlia, Maria la sanguinaria, mentre dal suo secondo matrimonio con Anna Bolena , nacque Elisabetta I, che regnò dal 1558 al 1603. Per potersi sposare con la Bolena , Enrico VIII era entrato in conflitto c ol papa Clemente VII che lo scomunicò. Ma, per niente intimorito dalla reazione papale, il sovrano confiscò tutti i beni della Chiesa cattolica avocando a sé il potere di capo della Chiesa e trascinando l’Inghilterra verso un protestantesimo che ancora vige in tutto il Regno unito. E questo protestantesimo partorì poi quella frangia di calvinisti, detti puritani, che avrebbero colonizzato il nuovo continente quando, a bordo della “Mayflower” nel 1620 salparono da Plymouth per raggiungere gli attuali Stati Uniti d’America.
Torniamo adesso al 1603 quando Elisabetta I Tudor morì senza lasciare eredi diretti non essendosi mai voluta sposare. Fu gioco forza fargli succedere Giacomo I Stuart, figlio della cattolicissima Maria Stuarda, che Elisabetta aveva fatto giustiziare. Così il potere passò nella mani degli Stuart che lo mantennero saldamente in mano fino al 1714 quando finalmente salì al trono Giorgio I di casa Hannover. E gli Hannover governarono fino al 1901, anno in cu morì la famosissima regina Vittoria che oltre ad essere regina d’Inghilterra, si fregiò anche del titolo d’Imperatrice d’India (epoca vittoriana). Agli Hannover succedettero i Winsor che ancora reggono le sorti del popolo inglese&n bsp; con l’attuale regina Elisabetta II.
Ma questo itinerario dinastico spesso costellato di intrighi, tradimenti, congiure e spesso imbrattato dal sangue di molti innocenti, fu interrotto da una pausa democratica o forse dittatoriale ad opera di un rivoluzionario spesso trascurato nei testi di storia se paragonato agli effetti che avrebbe prodotto in seguito: Mi riferisco ad Oliviero Cromwell ed alla rivoluzione inglese del 1648, che portò alla condanna a morte per decapitazione di quel Carlo I Stuart che era succeduto a Giacomo. Insomma già 150 anni prima della rivoluzione francese anche in Inghilterra il popolo, stanco delle continue tasse e della sperequazione sociale che ne derivava, dovette ricorrere alla forza per ottenere quei diritti civili cui ogni cittadino dovrebbe aver diritto. Ma, come spesso succede, il vuoto di potere che seguì alla morte del sovrano, fu colmato dallo stesso Cromwe ll, che gradualmente trasformò la neonata repubblica in una velata dittatura sostenuta dai principi di fervido puritanesimo che lo stesso Cromwell professava. Egli si fece eleggere “Lord protettore d’Inghilterra, Scozia e Irlanda” e costrinse la popolazione a vivere in modo parco e severo bruciando perfino le decorazioni natalizie, proibendo i canti e le luminarie quasi alla stregua del monaco Savonarola. Non deve perciò meravigliare se fu oggetto di numerosi attentati dai quali però si salvò. Morì comunque nel 1658 a soli 59 anni, nel suo proprio letto colpito da un morbo (forse malaria), che i medici del tempo non seppero diagnosticare. Gli successe suo figlio Richard che, non disponendo del carisma del padre, dopo solo due anni fu deposto e mandato in esilio mentre il cadavere del padre veniva riesumato e sottoposto al macabro rituale dell’esecuzione postuma. Al cadavere di Olivier venne tagliata la testa che rimase a lungo esposta, dopo essere stata infilzata in un palo, davanti all’abbazia di Westminster. Si restaurò così la monarchia incoronando Carlo II Stuart che regnò fino al 1685.

"Guerra" di Dino Licci

di Dino Licci

Il 30 luglio 1932 da Gaputh (Potsdam), Albert Einstein scrive a Sigmund Freud una lunga ed articolata lettera che ha per oggetto la guerra, ricevendone un’ampia ma, in un certo senso, desolante risposta. Il fisico, impressionato dai guai che la società può apportare a se stessa con l’uso di armi sempre più sofisticate, chiede lumi allo psicologo, che lo istruisca sugli istinti che conducono l’uomo all’autodistruzione. La domanda è formulata in modo esaustivo e contiene già al suo interno, la desolante risposta. Ciononostante i due grandi dialogano, annaspano, si arrovellano, nella ricerca di una soluzione esauriente, di una speranza di pace che liberi l’uomo da questo flagello, ma che mi par di capire, alla luce di un’attenta lettura dei loro scritti ed un’accorta analisi storiografica del percorso umano, sia espressione fondamentale della natura stessa di tutta l’umanità. Eros e Thanatos, la pulsione della vita e la pulsione della morte in un gioco infinito, in un alternarsi senza fine di scontri, compromessi, sottomissioni, trattati, conferenze, dibattiti, firme, propositi che poi sfociano inevitabilmente, sconsolatamente, nell’eterno conflitto che regola le sorti dell’umanità, della vita stessa in tutta la sua complessa varietà oserei dire. Guardiamoci intorno. Riguadagniamo per un attimo la nostra più intima essenza. Passiamoci le dita sulle radici dei canini, tocchiamoci il coccige con quel brandello di coda, guardiamo i nostri occhi puntati in avanti come quelli di tutti gli altri animali predatori. E’ quella che chiamiamo ferocia che ci consente di sopravvivere, è lo scontro, la crudeltà mista e condita dalla “pietas”, dall’amore, dalla compassione, dalla misericordia. Fuori dagli schemi classici, fuori da ogni vuota retorica, non siamo noi che aggrediamo ogni giorno, fin dal primo respiro, i diritti degli altri uomini, piante, animali, cercando di assoggettarli ai nostri voleri  e  alle nostre esigenze? Salvo poi a dirci pacifisti, ad innalzare inutili vessilli arcobaleno che gridano una verità scontata ma senza riscontro pratico, senza nessuna possibilità di soluzione. Ci hanno provato in molti ma la verità è una sola come fece dire Platone a Trasimaco nel primo libro della “Repubblica”: La verità è del più forte”. Quando l’uomo era vestito da scimmia lottava contro i suoi simili brandendo improvvisati bastoni, la prima espressione pratica di quegli organi accessori che la funzione del dito opponibile gli consentiva ormai di costruire, in una corsa verso il dominio assoluto ed incontrastato della terra. La forza dell’idea si sostituiva alla forza bruta ma senza abbandonare il primitivo disegno che è: "dominare per non essere dominati". Gli studiosi di ecologia, gli esperti di evoluzionismo, gli specialisti della vita, sanno che la comparsa dell’uomo è relativamente recentissima nella storia del pianeta, recente e dirompente perché porta con sé distruzione e morte ma anche qualcosa di molto più allarmante, la coscienza di sé, la coscienza di dover morire ed il dolore insito in questa scoperta. Così nascono le religioni, nascono dal desiderio d’immortalità, dal rifiuto che tutto finisca col cessare del respiro, antiche credenze, dalla reincarnazione al giudizio universale, dalla trasmigrazione delle anime alla loro punizione eterna. E nascono i nuovo potenti, ai capi tribù si sostituiscono gli stregoni, ai guaritori i sacerdoti. I gestori delle anime, i tutori della vita eterna diventano i nuovi capi, le religioni i nuovi eserciti. E partoriscono le crociate, le lunghe guerre di religione, le conversioni forzate, l’assoggettamento al proprio credo, le lotte intestine tra cattolici ed ortodossi, tra Sciiti e Sunniti, tra laici e credenti. Ma la verità è più complessa e impaurisce e sgomenta come  ci suggerisce Egdar Lee Masters in questa sua breve lirica tratta dall'Antologia di Spoon River:

Quando vi sarete arricchiti l'anima
il più possibile,
con i libri, la riflessione, il dolore, la conoscenza degli uomini,
la capacità d'interpretare sguardi, silenzi,
le pause nei grandi mutamenti,
il genio della divinazione e della profezia;
sicché vi parrà a volte di tenere il mondo
nel cavo della mano;
allora, se per l'affollarsi di tanti poteri
entro il cerchio della vostra anima,
l'anima prende fuoco,
e nell'incendio dell'anima
il male del mondo è illuminato e reso intelligibile -
siate grati se in quell'ora di visione suprema
la vita non v'inganna.

"La relatività ristretta" di Dino Licci

di Dino Licci

Chi ha avuto a che fare con i bambini sa che, a un certo punto della loro crescita, essi cominciano a fare domande sempre più complesse ai loro genitori. S’instaurerà, tra genitori e figli, un rapporto biunivoco che li condizionerà entrambi: i genitori saranno oggetto di quei segnali che, stimolando amore e tenerezza, indurranno, anche in molte specie animali, alle cure parentali. I figli, apprendendo dagli adulti tutto il loro sapere, continueranno a fare domande, finché il meccanismo dell’imprinting fisserà le risposte ritenute esaustive, in concetti che si fisseranno alla memoria degli adolescenti, condizionando così tutto il resto della loro vita. Così, chi è nato in occidente, abbraccerà la religione cristiana, chi sarà nato in India, diventerà induista, chi in Giappone scintoista e così via in un crescendo di “diversità” che non riguardano solo lo spazio ma anche il tempo in cui un individuo è cresciuto, fatto che prelude a quel relativismo culturale che rende varia e polimorfa la moltitudine umana. Ma il condizionamento ambientale non riguarderà solo il campo della religione o delle relazioni sociali, ma anche il campo dell’astronomia, della fisica, della biologia e, per poter rimuovere le “antiche “ credenze, bisognerà fare sforzi notevoli accettando nuovi concetti e teorie a volte fortemente contro intuitivi, come appunto la relatività ristretta di cui oggi voglio parlarvi. La vita caotica dei nostri tempi non concede molto spazio alla fantasia. Noi adulti siamo oberati dalle mille problematiche che la quotidianità c’impone, ma se provassimo a seguire l’esempio di Einstein e tornare ogni tanto bambini, scopriremmo altre realtà, altre verità che arricchirebbero la nostra mente e darebbero una nuova luce al mondo che oggi ci ospita. Vediamo che cosa diceva il grande scienziato:

“...i bambini che si fanno domande sulla luce, il tempo, lo spazio, sono soddisfatte dalle risposte preconfezionate e non si pongono il problema da adulti. Ma siccome io ero ritardato, mi posi queste semplici domande da adulto e le sondai con maggior tenacia e profondità di qualsiasi bambino…”

Così Albert Einstein, senza far uso inizialmente di complesse formule matematiche, arrivò a formulare la più famosa equazione della storia dell’umanità. Cerchiamo di seguire il suo ragionamento logico. Egli sapeva benissimo, perché altri lo avevano scoperto prima di lui, che la velocità della luce era di 300.000 Km al secondo e che era una costante per tutti i sistemi di riferimento, anche se la sorgente di luce fosse stata in movimento. E qui

"L'uomo, la filosofia e Nietzsche" di Dino Licci

di Dino Licci

La comparsa dell’uomo sulla terra e la sua evoluzione non è paragonabile a nessun altro evento noto nella storia dell’universo. Neanche lo scoppio iniziale, il famoso Big bang, da cui ha avuto origine il tutto, possiede quella forza intrinseca di trascendenza che caratterizza la capacità d’astrazione dell’uomo, la sua facoltà di interrogarsi, di chiedersi il perché delle cose, degli eventi che accompagnano il suo cammino e, con lui, quello dei suoi compagni di viaggio: animali e piante. Non per niente una definizione biologica dell’uomo lo definisce: “l’animale che sa di dover morire”. Il “momento” cruciale dell’evoluzione darwiniana culmina appunto in quella fase in cui l’uomo ha acquisito due facoltà fondamentali: il centro di Broca che gli ha regalato l’uso della parola, e la comparsa del pollice opponibile che ha trasformato i suoi arti superiori in perfetti attrezzi capaci di costruire i mezzi delle sua crescita culturale dalla ruota al computer. Questo processo che io ho potuto chiamare “momento” se paragonato ai tempi geologici, è durato milioni di anni e, tra le prime scimmie antropomorfe e l’uomo del XXI secolo, ci sono moltissime forme intermedie di umani che hanno visto non soltanto modificarsi le loro strutture anatomiche nel corso di secoli, ma anche la loro cultura, che li ha condotti per mano verso un tentativo di autodeterminazione tuttora in atto e ben lontano dall’essere stato raggiunto. La nostra chiacchierata non può certo partire né dalla nascita dell’Universo che la Scienza suggerisce sia avvenuta 13,7 miliardi di anni fa, né dalla nascita della vita comparsa nel mare da ormai 4,5 miliardi di anni e neppure dall’arrivo dell’uomo ascrivibile a circa 2.500.000 a 500.000 anni fa nelle sue varie fasi evolutive. Sarebbe un’impresa troppo ardua riassumere tali meravigliosi eventi in uno spazio così angusto come un articolo di giornale, per cui dovremo limitarci a trattare il miracolo uomo (ed in modo estremamente sintetico) così come ci appare nel nostro occidente a partire da circa 2500 anni fa. Fu infatti nel sesto secolo a.c. che comparvero, nell’antica Grecia i primi filosofi occidentali, che cominciarono a porsi razionalmente quelle domande esistenziali che non avrebbero mai più abbandonato l’umanità. Superato il mito dell’animismo e del politeismo con cui avevano emesso i primi vagiti teologici ed esistenziali, gli antichi greci cercarono disperatamente un fine che giustificasse la loro presenza sulla terra e cercarono un Dio che li aiutasse nell’impervio percorso, accompagnandoli per mano fino al riscatto, alla meta, senza tradire quella parte razionale del loro essere, che sempre di più emergeva dalle teorie della conoscenza (gnoseologia). I primi grandi pensatori, i presocratici, cercavano gli “archè”, i principi vitali che giustificassero l’essenza stessa delle cose (ilozoismo). E se Talete identificò nell’acqua l’incorruttibile materia che genera il mondo, Anassimene pensava che essa andasse ricercata nell’aria e Anassimandro la identificò con “l’apeiron”, l’infinito indefinito da cui tutto proviene. Parmenide coniò la filosofia dell’Essere statico e immutabile mentre Eraclito vedeva nel movimento e nell’eterno divenire (Panta rei) l’essenza primaria delle cose. Il primo grande unificatore di queste contrapposte teorie fu il grande Platone che al divenire del mondo sensibile contrappose l’iperuranio, il mondo delle idee, dove l’uomo tenderebbe e dove ci sarebbe lo “stampo” primigenio ed immutabile di ogni apparenza terrena. Aristotele razionalizzò ancor più queste impervie ricerche, analizzando “scientificamente” i fenomeni osservabili e identificando nel primo motore (Dio) il propulsore di una catena altrimenti infinita di causa-effetto (se ogni effetto ha una sua causa, il processo durerebbe all’infinito senza una causa prima). Ai filosofi si affiancavano i primi matematici (Pitagora, Euclide, lo stesso Talete) e i primi astronomi e scienziati ( Archimede, Eulero, Eudosso, Aristarco, Ipparco, Tolomeo). Gli atomisti del calibro di Democrito descrissero l’infinitamente piccolo avvicinandosi tanto alla realtà che soltanto la modernissima meccanica quantistica ne ha parzialmente smontato l’apparato, mentre l’epicureismo, lo stoicismo, il neoplatonismo,

"La scuola d'Atene" di Dino Licci

Tutti i lavori che noi, poeti, artisti scrittori sia pure dilettanti, andiamo producendo e che mettiamo in vetrina chiedendo consensi e giudizi, cos’altro sono se non un bisogno d’affetto, comprensione, amicizia? L’uomo è un animale sociale, non può vivere da solo e tanto più progredisce la sua tecnologia, tanto più necessita del suo simile per far funzionare la complessa macchina sociale atta ad appagare i suoi bisogni primari. Ma ancora non gli basta se, per soddisfare quel bisogno di affetto e spiritualità che lo caratterizza e distingue, ha bisogno di musica, ha bisogno di poesia, ha bisogno d’amore! L’uomo si suole definire come “l’animale che sa di dover morire” e in questa frase è concentrato un coacervo di emozioni, aneliti, brame, affanni e desideri che fanno di noi quella meravigliosa creatura che ha fatto della ricerca di sé e della sua propria essenza, lo scopo principale della sua Vita. Progrediamo, ci evolviamo, ci trasformiamo così lentamente che non ce ne accorgiamo nemmeno, e mentre i nostri canini affondano sempre di meno nei loro alveoli e il coccige riduce ulteriormente i suoi residui di coda, gli emisferi cerebrali crescono ancora di più e le idee si sommano alle idee, condizionando inconsapevolmente i nostri geni, i nostri cromosomi e tutto cambia, tutto si trasforma in un gioco senza fine, apparentemente senza scopo ed in tempi che forse la nostra mente dilata all’infinito, mentre può darsi che avvengano in un attimo in questo gioco spazio-temporale che pare essere solo un prodotto della nostra mente, una percezione sensoriale meramente illusoria (Einstein).
Ho fatto partire Debussy mentre vi scrivo e, cullato dalla sue dolci note, ripercorro le fasi della mia vita fin da quando ero bambino, e vado comparando la mia crescita temporale con quella di tutta l’umanità. E rivedo il vecchio Socrate porsi infiniti problemi e fermare i passanti e interrogarli e coinvolgerli nella sua paziente ricerca mentre Platone appunta le sue idee, le elabora, trascrivendole fino a noi, lui, Platone ed il suo “Iperuranio”, lo stampo primigenio di ogni manifestazione reale.
E Aristotele che risale alle cause

"Scienza e fede" di Dino Licci

di Dino Licci

L’uomo è libero di scegliere?

"La nascita del fascismo" di Dino Licci

di Dino Licci

Con la Prima guerra mondiale si abbatterono sul mondo intero avvenimenti nefasti che andavano dalle numerose perdite delle vite umane alla distruzione di molte città, con uno sconvolgimento totale della personalità dei singoli che, ascrivendo al progresso tecnologico i guasti di una guerra così devastante, si rifugiarono dell’esistenzialismo, quasi una contrapposizione al positivismo che aveva suscitato grandi speranze e fiducia nel progresso scientifico. Un comprensibile stato di smarrimento investì la società in tutte le sue espressioni, mentre si andavano concretizzando quei disagi profondi dell’esistenza che già affioravano nelle opere di Kierkegaard, Nietzsche, Kafka o Dostoevskij. Ma non in tutti i campi si verificò questo repentino cambiamento dell’umore. Durante la prima guerra mondiale si erano verificati episodi di eroismo che avevano fortemente gratificato un gruppo di giovani combattenti che proprio nella violenza, nell’uccisione dei nemici della patria, avevano trovato uno scopo per la loro vita e pareva stessero aspettando un momento favorevole per esaltarsi ancora con le loro gesta che, in ultima analisi, consistevano nell’apoteosi della violenza. L’occasione fu loro offerta il 23 marzo del 1919 quando, nei locali messi a disposizione dall’alleanza industriale e commerciale che aveva sede a Milano in piazza San Sepolcro, fu convocata un’assemblea ad opera di un quotidiano: “il Popolo d’Italia”, diretto da Benito Mussolini, che al tempo aveva idee vagamente socialiste. Gli intervenuti, tutti molto giovani, non superavano il centinaio, provenivano da diverse classi sociali e pescavano nelle fila sia degli anarchici che dei repubblicani. Se ci aggiungiamo anche qualche futurista tipico dell’epoca, ci apparirebbero come un agglomerato eterogeneo, se non li avesse accomunati il fatto di essere ex combattenti che magari, come il corpo degli “arditi”, si erano particolarmente distinti in guerra per il coraggio e la determinazione con cui avevano affrontato il nemico. Cosi cominciarono ad organizzarsi scegliendosi dei simboli che diventeranno tipici dell’iconografia fascista: il pugnale, il teschio e il fascio littorio dell’antica Roma.

"La nascita dell'universo" di Dino Licci

di Dino Licci

Vi siete mai chiesti come abbiano fatto gli scienziati a individuare in 13,7 miliardi di anni fa la nascita dell’Universo e come sia avvenuto il Big Bang?

"Voltaire e Rousseau: illuminismo e romanticismo" di Dino Licci

images1.jpg

di Dino Licci

Io ormai da decenni ho il vizio di appuntare, a mio uso e consumo, avvenimenti storici, dottrine filosofiche, teorie scientifiche e quant’altro colpisca la mia attenzione, in brevi saggi, racconti o tele, che riassumano quanto vado ogni giorno apprendendo. Così facendo, posso attingere a questi strani appunti che intasano la mia soffitta e il mio computer, rispolverando saltuariamente la mia memoria e, con essa, le mie antiche emozioni. Oggi, mettendo ordine tra le vecchie tele, ho trovato un quadro di notevoli dimensioni che dovrò pur finire una buona volta. Anzi credo che vi metterò mano proprio in questi giorni. Sulla tela le silhouette di sue notissimi personaggi: Rousseau e Voltaire che si guardano quasi in cagnesco. Eppure essi favorirono entrambi l’ importante evento della rivoluzione francese, che trasform& ograve; il suddito in cittadino, entrando, i due grandi, nel novero di quei filosofi che sono il simbolo dell’illuminismo francese.

Voltaire snello, elegante, sguardo pungete come le sue parole, abituato a frequentare i migliori salotti della nobiltà del tempo, finì col somigliare anche fisicamente ai sovrani cui si accompagnava. Federico II di Prussia, il Salomone del Nord, che lo ospitò per ben tre anni, si beava della sua compagnia ma aveva quasi lo stesso carattere graffiante, la stessa sete di sapere, la stessa maliziosa spregiudicatezza e arguzia tanto che i due finirono per litigare e Voltaire, dopo un ennesimo sgarbo, dovette fuggire dal suo mecenate. Ma nei salotti bene si trovava proprio a suo agio ed è da questi “pulpiti” che lanciava le sue pungenti missive. Mai, mai, si sarebbe trovato bene tra la folla, tra gli straccioni, i derelitti, i diversi.

Tutto il contrario di Rousseau, faccia rubiconda ma untuosa, sensuale, occhi chiari, indefinibili, labbra carnose, l’immagine della lussuria, se così si può dire. E proprio nella folla Rousseau trovava il suo ambiente naturale, tra gli straccioni e gli scontenti e da qui lanciava le sue invettive contro i potenti che lo temevano e lo detestavano. Rousseau non avrebbe mai frequentato i salotti bene:

Condividi contenuti
Creative Commons License Salvo dove diversamente indicato, il materiale in questo sito
è pubblicato sotto Licenza Creative Commons Attribuzione-Non commerciale-Condividi allo stesso modo 3.0 Unported.
Powered by netsons | Drupal and Drupal Italia coomunity | Custumized version by Mavimo
Based on: ManuScript | Optimized for Drupal :www.SablonTurk.com